Menu Chiudi

Viaggio sì o viaggio no?

Sono sempre stato una persona con poca pazienza. Questa mia caratteristica si è riflettuta anche nel mio essere master, in particolare per quanto riguarda gli spostamenti. Non sono mai stato un grande fan degli incontri casuali, degli accampamenti, dei turni di guardia. Ho sempre preferito dare più risalto alla trama principale, non vedendo l’ora che i miei giocatori, finito di giocare nel luogo A, arrivassero il più in fretta possibile nel luogo B, grazie al potere del “Fast Forward” concesso a tutti i master, anche quelli di primo livello.

Sto parlando di viaggio da un luogo a un altro, non di un andare in giro senza una meta per territori sconosciuti e, sia chiaro, non ho sempre saltato ogni viaggio. Ho fatto giocare escursioni nelle terre selvagge, giorni di cammino con incontri casuali, accampamenti assaltati nel cuore della notte e tante altre amenità: semplicemente non li ho mai preferiti e ricercati più di tanto.

“E’ tempo di fare la premessa delle premesse: non c’é e non ci sarà mai una risposta esatta”

E’ tempo di fare la premessa delle premesse: non c’é e non ci sarà mai una risposta esatta, un modo giusto, una scelta corretta, neanche nella via di mezzo o col buon senso: ogni persona, ogni gruppo, ogni gioco, ogni serata hanno diverse visioni, esigenze, momenti, speranze, aspettative, necessità e regole interne per cui va ricercata la soluzione migliore di volta in volta. Queste disquisizioni sono uno spunto per parlare tutti insieme di qualcosa, per dare un punto di vista diverso a chi non ci aveva mai pensato, per donare un po’ di esperienza ai neofiti, tutto qua.

Torniamo al tema del viaggio. I due estremi sono da una parte il Fast Forward, cioè “Partite per le Gole dei Cento Occhi. Ok, siete là”, mentre dall’altra parte c’è lo Slow Motion, esemplificabile con “il Santuario della Morte Dimenticata si trova a 300 chilometri a nord. Per quanto riguarda i primi cinque chilometri…”, più, ovviamente, tutte le sfumature intermedie.

“Crescendo ho capito che andare di corsa spesso non fa gustare le cose.”

Solitamente, come dicevo prima, io ero più dalla parte del Fast Forward, mi piaceva l’idea di arrivare subito al dunque, di evitare combattimenti inutili, di non dover dare troppi punti esperienza tra una location e un’altra e quindi abbonamento annuale al teletrasporto narrativo di massa e via. Poi cosa è successo? Crescendo ho capito che andare di corsa spesso non fa gustare le cose. Anche come master a volte affrettavo l’iniziare una campagna prima di essere pronti o ne velocizzavo il finale, preso dal progetto successivo e non sono mai state delle buone scelte. Le cose vanno fatte bene e devono avere il loro tempo. Quindi da qualche anno ho rallentato i ritmi, cercando la qualità prima della quantità. Parlando di qualità ho scoperto uno dei miei attuali giochi preferiti, Hackmaster. Senza farla lunga un’evoluzione di AD&D che punta a meccaniche molto realistiche. Tante regole per cercare di far vivere ogni aspetto della vita da avventurieri. Dai tiri per non addormentarsi nei turni di guardia, all’affaticamento, agli effetti della pinta di birra di troppo. Un gioco del genere, fatto bene, porta ad abbandonare il Fast Forward e spostarsi verso lo Slow Motion.

E così ieri sera se ne sono andate quattro ore di gioco tra suddividere il peso delle razioni per venti giorni di viaggio tra mulo e pony, valutazione del peso degli zaini e l’inizio del viaggio suddiviso in percorsi giornalieri, cambiamenti climatici, paesaggistici, insidie del terreno, della fauna locale e ogni piccolo dettaglio descrivibile e giocabile senza rendere il gioco troppo lento e troppo noioso. Com’è andata? Una parte di me avrebbe voluto già vedere gli avventurieri alle porte della cittadella nanica di Coldhall, ma dall’altra parte mi sono molto divertito a ritardare quel momento. L’attesa di arrivare, il senso del viaggio, le aspettative che aumentano man mano che ci si rende conto di quanto tempo è necessario per giungere alla destinazione, i pericoli non per forza vissuti, ma anche solo accennati… tanti elementi che hanno avuto una resa maggiore della destinazione stessa. Il culmine è stato un incontro notturno con uno Sturm Wolf. Nessun combattimento, solo la bestia che si è avvicinata per studiare la tenda e gli avventurieri che si sono svegliati per essere pronti a un eventuale attacco. Un po’ di tensione e molto sonno perso. Ma in un gioco mortale come Hackmaster l’anticipazione, la possibilità e il rischio sono affascinanti quanto lo scontro stesso.

Esperienza completamente diversa ho vissuto quest’autunno durante la campagna che ho narrato di Lex Occultum. Si trattava della campagna ufficiale “Roi-de-Rats”, che ho narrato ridotta all’osso tagliando ogni spostamento e giocando solo le parti importanti. In quel caso il Fast Forward ha reso la narrazione veloce, ha evitato incontri, scontri o ostacoli prettamente inutili al fine di una storia con un inizio e una fine ben precisi senza spazio per ramificazioni (si era deciso così), però la velocità con la quale si sono susseguite le location importanti le ha un po’ banalizzate.

Quindi eccomi qui, dopo l’esperienza di ieri sera, a parlare di viaggi. Ovviamente ora non sono diventato un fan assoluto dello Slow Motion, però l’esperienza di ieri mi ha fatto riflettere: il viaggio come attesa, come aspettativa, come percorso di scoperta può essere più avvincente della meta stessa e rendere quest’ultima molto più gustosa e accattivante di quanto non sembrerebbe con un semplice “Ok, siete là.” Inoltre il viaggio può essere un ottimo spunto per mettere in risalto abilità particolari e meno utilizzate di alcuni personaggi, conoscenze e dettagli sfruttabili in futuro, piccole esche narrative per saggiare i palati dei giocatori per capire verso cosa sono attirati senza per forza inserire ogni accenno nel gioco, perchè in viaggio si vedono molte cose ma non si ha tempo di approfondirle tutte (quindi il master può lavorare di fantasia e improvvisazione senza dover dare sostanza a ogni guizzo narrativo).

Ho pensato quindi di fare un analisi puntuale di Fast Forward e Slow Motion e anche dei prerequisiti necessari per poter preferire quest’ultimo perchè nell’immensa varietà di giochi e sistemi le scelte vanno anche in base agli strumenti che si hanno. Ho volutamente tralasciato ogni fattore umano legato ai giocatori e alle loro aspettative e abitudini perchè sono elementi troppo personali di ogni tavolo di gioco.

FAST FORWARD

  • si arriva subito a destinazione e si può portare avanti la trama principale
  • si risparmia tempo, accorciando la durata della campagna, magari perchè ci sono altri giochi in coda che non si vede l’ora di provare
  • elementi in meno da dover pensare, creare, descrivere
  • regole, valutazioni e misurazioni risparmiate
  • non si rischia di alterare la progressione dell’esperienza con ricompense dovute a incontri non precedentemente valutati in caso di campagne con livellamenti preimpostati e progressione non a milestones

SLOW MOTION

  • si vive il viaggio come percorso di attesa, aspettativa e preparazione alla location successiva
  • non si interrompe la narrazione, aumentando la percezione di essere nel gioco
  • si ha spazio per interpretazione, confronti, abilità o conoscenze poco usate, spunti narrativi che non sempre trovano posto in altri contesti

“il viaggio come attesa, come aspettativa, come percorso di scoperta può essere più avvincente della meta stessa”

Non tutti i giochi si prestano per lo Slow Motion. Se si vuole lo si può fare in ogni modo, ma per farlo bene sono necessari a mio parere alcuni accorgimenti, da considerarsi generici e quindi non per forza tutti applicabili a tutte le campagne:

  • Non deve fornire troppa esperienza nei combattimenti o far salire di livello troppo in fretta. Altrimenti si perde il gusto del viaggio, si parte schiappe e si diventa guerrieri navigati nel giro di un mese.
  • Non deve fornire meccanismi di cura troppo facili o potenti, altrimenti ogni giorno diventa uguale al successivo se, “scaricando tutte le magie di cura” la sera, ogni mattina si riparte come nuovi.
  • Deve dare ai giocatori degli strumenti per interagire con i vari aspetti del viaggio stesso.
  • Deve applicare regole, che siano generiche o precise, per i rischi o gli effetti del viaggio (o il master deve comunque utilizzare gli strumenti del sistema per crearne), perchè altrimenti si perde una dimensione del viaggio, quella del rischio, delle conseguenze, del non arrivare come si è partiti e il viaggiare si trasforma da un teletrasporto a una lenta schermata di caricamento ma senza essere veramente vissuto.

Concludendo ho rivalutato il viaggio e mi pongo molto meno problemi sul possibile effetto di noia che può generare nei miei giocatori. D’ora in poi cercherò di vederlo come uno stimolo per me per generare scorci e paesaggi e per gettare accenni di idee e soprattutto come uno strumento per dare valore alla destinazione attraverso il senso di attesa che si vive. Scegliere di viaggiare in Slow Motion rende molto meglio con un sistema adatto che valorizzi le scelte dei giocatori, i tratti dei personaggi e le conseguenze degli accadimenti.

Autore

  • Filippo Franco

    Nato con poteri sopiti da Dungeon Master, scopre di esserlo nel lontano 1995 e da allora é amore assoluto per il mondo dei giochi di ruolo. Accumulatore compulsivo, ama variare, provare, sperimentare, conoscere, classificare, anche respirare, quando può, gdr. Born with sleeping Dungeon Master powers, he discovered them in the far 1995 and since then it's absolute love for rpg world. Compulsive collector, he loves trying, experimenting, discovering, categorising, even breathing rpgs.

2 commenti

  1. Conte Gracula

    Io non ho mai amato molto i viaggi, né da giocatore, né da master, dato che spesso si riducono, nel fantasy, in una contabilità di razioni e nella rottura dei turni di guardia, quest’ultima procedura potrebbe (a seconda delle regole) imporre limiti per i personaggi incantatori, data la “necessità di riposo ininterrotto”.
    E non sono mai stato fan degli incontri casuali.

    Nel tempo, mi sono orientato sempre più su storie stanziali e cittadine, sul moderno (horror, urban fantasy) piuttosto che sul fantasy alla d&d, perciò il problema si è posto sempre meno, almeno con me come master, ma da giocatore continuo ad avere una certa insofferenza per l’approccio al viaggio di d&d e il problema non sono certo quei pochi px garantiti dagli scontri casuali, che per quanto tempo occupano nell’economia di una sessione, non offrono certo chissà quali ricompense.

    Penso che l’ideale possa essere un sistema di viaggio astratto: se l’ambiente non è troppo avaro di risorse (come un deserto, o per certi versi, il mare) il cibo si dà per scontato che si trovi per strada con caccia e raccolta, per il resto si divide il viaggio in tappe significative (da una a tre, per esempio) e a ogni tappa c’è un evento: combattimento, ritrovamento, si incontra qualcuno etc.
    Tanto, se si volessero fare cose realistiche, il gruppo dovrebbe viaggiare con un carro per le provviste di un mese 😛

    • Merry Crystal

      L’idea é proprio quella di non rendere il viaggio una triste contabilità, ma trovare le chiavi per farlo vivere in maniera creativa, senza escludere completamente gli elementi noiosi, per poter comunque dare un senso di attesa verso la destinazione. Il desiderio di arrivare, se coltivato, é un hype molto potente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.